Scopri qui di seguito le Poesie di Charles Baudelaire: i più belli, celebri e iconici versi di uno dei poeti francesi più famosi e celebrati della storia.
Poesie di Charles Baudelaire
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Spleen
Quando, come un coperchio, il cielo basso e greve
schiaccia l’anima che geme nel suo tedio infinito,
e in un unico cerchio stringendo l’orizzonte
fa del giorno una tristezza più nera della notte;
quando la terra si muta in umida cella segreta
dove, timido pipistrello, la Speranza
sbatte le ali contro i muri e batte con la testa
nel soffitto marcito;
quando le strisce immense della pioggia
sembrano le inferriate d’una vasta prigione
e muto, ripugnante un popolo di ragni
dentro i nostri cervelli dispone le sue reti,
furiose a un tratto esplodono campane
e un urlo tremendo lanciano verso il cielo,
così simile al gemere ostinato
di anime senza pace, né dimora.
– Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali
a lungo, lentamente, nel mio cuore: la Speranza,
Vinta, piange, e l’Angoscia atroce, dispotica,
pianta, nel mio cranio riverso, il suo vessillo nero.
Quando passa
Quando passa con vesti ondose e iridescenti,
a una grazia di danza informa ogni movenza,
quasi, in cima a un bastone, quei sinuosi serpenti
che i giocolieri sacri agitano in cadenza.
Come la sabbia e il cielo dei deserti roventi,
sordi entrambi a ogni voce d’umana sofferenza,
come il giuoco dell’onda nel viluppo dei venti,
ella si stende e snoda con piena indifferenza.
I suoi limpidi occhi sono pietre stupende,
e nella sua natura allegorica e strana,
dove l’antica sfinge un cherubo asseconda,
fra l’acciaio e i diamanti, l’oro e la luce, splende
d’un eterno splendore, come una stella vana,
la fredda maestà della donna infeconda
Ubriacatevi
Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi piega a terra, dovete ubriacarvi senza tregua.
Ma di che cosa? Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi.
E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perché l’ebbrezza è diminuita o scomparsa, chiedete al vento, alle stelle, gli uccelli, l’orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che scorre, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, chiedete che ora è: e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l’orologio, vi risponderanno:
– È ora di ubriacarsi! Per non essere schiavi martirizzati dal tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.
Corrispondenze
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d’un bambino,
vellutati come l’oboe e verdi come i prati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine – così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.
Il morto allegro
In una terra grassa e piena di lumache
voglio scavare io stesso una fossa profonda
dove a mio agio stendere le mie vecchie ossa
e nell’oblio dormire come nell’onda lo squalo.
Odio qualunque tomba e odio i testamenti;
piuttosto che implorare una lacrima dal mondo
preferirei da vivo invitare i corvi allo scempio
d’ogni brandello della mia carcassa immonda.
o vermi, neri compagni senza orecchi e senz’occhi
vedete a voi venire un morto libero e contento;
figli della putredine, filosofi gaudenti
per la mia distruzione passate senza rimorsi
e ditemi se esiste qualche altro tormento
per un vecchio corpo senz’anima, morto tra i morti!
L’albatro
Spesso, per divertirsi, i marinai
Prendono degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, pigri compagni di viaggio,
Le navi in volo sugli abissi amari.
L’hanno appena depositato sulla tolda,
E già il re dell’azzurro, maldestro e impacciato,
Strascina pietosamente accanto a sé
Le grandi ali bianchi come se fossero remi.
Com’è sinistro e fiacco il viaggiatore alato!
Lui, poc’anzi così bello, com’è comico e brutto!
Uno gli mette la pipa sotto il becco,
Un altro, zoppicando, imita lo storpio che volava!
Il Poeta è come lui, principe delle nubi
Che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
Esule in terra fra le grida di scherno,
Le sue ali da gigante gli impediscono di camminare.
La musica
Spesso è un mare, la musica, che mi prende ogni senso!
A un bianco astro fedele,
sotto un tetto di brume o nell’etere immenso,
io disciolgo le vele.
Gonfi come una tela i polmoni di vento,
varco su creste d’onde,
e col petto in avanti sui vortici m’avvento
che il buio mi nasconde.
D’un veliero in travaglio la passione mi vibra
in ogni intima fibra;
danzo col vento amico o col pazzo ciclone
sull’infinito gorgo.
Altre volte bonaccia, grande specchio ove scorgo
la mia disperazione!
L’amore è una rosa
L’amore è una rosa,
ogni petalo un’illusione,
ogni spina una realtà.
Elevazione
Al di sopra degli stagni, al di sopra delle valli,
delle montagne, dei boschi, delle nubi, dei mari,
oltre il sole e l’etere, al di là dei confini delle sfere stellate,
anima mia tu ti muovi con agilità,
e, come un bravo nuotatore che fende l’ onda,
tu solchi gaiamente, l’immensità profonda
con indicibile e maschia voluttà.
Via da questi miasmi putridi,
va’ a purificarti nell’aria superiore,
e bevi come un puro e divin liquore
il fuoco chiaro che riempie i limpidi spazi.
Alle spalle le noie e i molti dispiaceri
che gravano col loro peso sulla grigia esistenza
felice chi può con un colpo d’ala vigoroso
slanciarsi verso campi luminosi e sereni;
colui i cui pensieri, come allodole,
verso i cieli al mattino spiccano un volo che plana sulla vita.
E comprende senza sforzo
il linguaggio dei fiori e delle cose mute.
L’uomo e il mare
Uomo libero,
sempre tu amerai il mare!
Il mare è il tuo specchio:
contempli l’anima tua
nell’infinito srotolarsi
della tua onda,
e il tuo spirito
è un abisso non meno amaro.
Ti diletti a tuffarti
nel seno della tua immagine;
l’abbracci con gli occhi
e con le braccia,
e il tuo cuore si distrae
talvolta dal proprio battito
al fragor di quel lamento
indomabile e selvaggio.
Entrambi siete
tenebrosi e discreti:
uomo,
nessuno ha sondato
il fondo dei tuoi abissi;
mare,
nessuno conosce
le tue intime ricchezze:
tanto gelosamente serbate
i vostri segreti!
E tuttavia da secoli innumerevoli
vi fate guerra senza pietà nè rimorsi,
tanto amate la strage e la morte,
o lottatori eterni,
o fratelli inseparabili!
La morte degli amanti
Avremo letti pieni di leggeri odori,
divani profondi come tombe,
fiori strani sulle mensole
aperti per noi sotto i più bei cieli.
I nostri cuori saranno due gran fiaccole
nello sprazzo a gara degli ultimi ardori:
come rifletteranno i loro doppi splendori
negli specchi gemelli delle nostre anime!
Una sera fatta di rosa e mistico azzurro
ci scambieremo un unico lampo,
come un lungo singhiozzo carico d’addii;
un Angelo più tardi schiuderà le porte
e verrà a rianimare, fedele e gioioso,
gli specchi offuscati e le fiamme morte.
L’orologio
L’orologio, il dio sinistro, spaventoso e impassibile,
ci minaccia col dito e dice: Ricordati!
I Dolori vibranti si pianteranno nel tuo cuore
pieno di sgomento come in un bersaglio;
il Piacere vaporoso fuggirà nell’orizzonte
come silfide in fondo al retroscena;
ogni istante ti divora un pezzo di letizia
concessa ad ogni uomo per tutta la sua vita.
Tremilaseicento volte l’ora, il Secondo
mormora: Ricordati! – Rapido con voce
da insetto, l’Adesso dice: Sono l’Allora
e ho succhiato la tua vita con l’immondo succhiatoio!
Prodigo! Ricordati! Remember! Esto memor!
(La mia gola di metallo parla tutte le lingue).
I minuti, mortale pazzerello, sono ganghe
da non farsi sfuggire senza estrarne oro!
Ricordati che il tempo è giocatore avido:
guadagna senza barare, ad ogni colpo! È legge.
Il giorno declina, la notte cresce; ricordati!
L’abisso ha sempre sete; la clessidra si vuota.
Presto suonerà l’ora in cui il divino Caso,
l’augusta Virtù, la tua sposa ancora vergine,
lo stesso Pentimento (oh, l’ultima locanda!),
ti diranno: Muori, vecchio vile! È troppo tardi!
Profumo esotico
Quando, ad occhi chiusi, in una calda sera d’autunno,
respiro l’odore del tuo seno ardente,
vedo svolgersi spiagge felici
nei fuochi abbaglianti d’un sole monotono;
è un’isola indolente dove la natura mostra
alberi strani e frutti saporiti,
uomini dal corpo snello e vigoroso,
donne dallo sguardo schietto ch’è un incanto.
Sulla scia del tuo odore vado verso climi affascinanti,
verso un porto stipato d’alberature e di vele
ancora affaticate dai flutti del mare,
mentre il profumo di verdi tamarindi,
che circola nell’aria gonfia le mie narici
e si fonde nella mia anima col canto dei marinai.
A una passante
La via assordante strepitava intorno a me.
Una donna alta, slanciata, a lutto, in un dolore
maestoso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l’orlo della gonna,
agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l’uragano.
Un lampo… poi la notte! – Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m’ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell’eternità?
Altrove, assai lontano da qui! Troppo tardi! Forse mai!
Perché ignoro dove fuggi, né tu sai dove vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!
L’anima del vino
Dentro le bottiglie cantava una sera l’anima del vino:
“Uomo, caro diseredato, eccoti un canto pieno
di luce e di fraternità da questa prigione
di vetro e da sotto le vermiglie ceralacche!
So quanta pena, quanto sudore e quanto sole
cocente servono, sulla collina ardente,
per mettermi al mondo e donarmi l’anima;
ma non sarò ingrato né malefico,
perché sento una gioia immensa quando scendo
giù per la gola d’un uomo affranto di fatica,
e il suo caldo petto è una dolce tomba
dove sto meglio che nelle mie fredde cantine.
Senti come echeggiano i ritornelli delle domeniche?
Senti come bisbiglia la speranza nel mio seno palpitante?
Vedrai come mi esalterai e sarai contento
coi gomiti sul tavolo e le maniche rimboccate!
Come accenderò lo sguardo della tua donna rapita!
Come ridarò a tuo figlio la sua forza e i suoi colori!
Come sarò per quell’esile atleta della vita
l’olio che tempra i muscoli dei lottatori!
Cadrò in te, ambrosia vegetale,
prezioso grano sparso dal Seminatore eterno,
perché dal nostro amore nasca la poesia
che come un raro fiore s’alzerà verso Dio!”
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